Nascita, storia, evoluzione dei refrigeranti

Dal salnitro ai freon e agli HFO con il ritorno ai fluidi frigoriferi naturali

Carnot - Frigidaire - Compressione di vapore - Assorbimento - Rowland - Molina


Tutta la refrigerazione ed il condizionamento dell'aria sono legati all'impiego di fluidi frigoriferi bassobollenti.
Ma a quando si può far risalire la nascita dei refrigeranti?

I primi refrigeranti

Non si sa con certezza, ma sembra che il termine "refrigerare" sia stato usato attorno al 1550 da Blas Villafranca, di origine spagnola, nel suo trattato "Methodus refrigerandi ex vocato salenitro vinum aquamque": raffreddare mediante il salnitro, dunque, ossia nitrato di potassio.
Un tempo, infatti, si utilizzavano dei sali che, disciolti in acqua, davano luogo a reazioni chimiche di tipo endotermico, ossia che assorbivano calore dall'esterno.

Questo metodo era già stato utilizzato tempo prima da un padovano, Zimara, che nel suo libro "Problemata" spiegava appunto come produrre freddo utilizzando dei refrigeranti.

Nasce la tecnologia della refrigerazione

Duecento anni dopo uno scozzese, William Cullen, osservendo dell'etere etilico che evaporava, producendo del freddo, realizza una macchina in cui si produceva del freddo mediante l'evaporazione dell'acqua portata a bassissime pressioni. Il tutto viene descritto nella sua opera "Essay on cold", in cui dedica proprio uno spazio specifico a "Cold produced by evaporating fluids": nasce quindi la tecnologia della refrigerazione basata sul cambiamento di stato di un fluido.

Passano ancora cento anni circa, in cui vengono approfondite le teorie sull'evaporazione dei liquidi, sui principi della termodinamica, sulle proprietà dei gas e sulla termometria grazie ai contributi di Boyle, Gay Lussac e Faraday, che Sadi Carnot formula la sua teoria sul ciclo frigorifero.

Nasce il compressore

Pochi anni dopo, nel 1834, Perkins perfeziona un compressore frigorifero che impiega come refrigerante etere etilico.
Poi arrivano Twining (1850), Harrison (1854) e F. Carrè che, nel 1854, reallizza un frigorifero ad assorbimento ad acqua-ammoniaca.
Nel 1866 l'americano Lowe sperimenta l'anidride carbonica. Nel 1876 prima Boyle poi Linde mettono a punto un compressore ad ammoniaca
Verso la fine dell'800 si sviluppano sempre più diverse tecnologie di refrigerazione: quella a compressione di vapore, quella ad assorbimento, quella ad espansione d'aria prima compressa e quella ad evaporazione d'acqua a bassissime pressioni.

I refrigeranti naturali

I fluidi utilizzati sono tutti "naturali": acqua, ammoniaca, anidride solforosa (utilizzata per la prima volta dallo svizzero Pictet), cloruro di metile (utilizzata per la prima volta dal francese Vincent) anidride carbonica, etere etilico e metilico.
Proprio grazie all'ammoniaca la tecnologia a compressione di vapore prende il sopravvento sulle altre: siamo nei primi anni del '900. Gli eteri vengono abbandonati perchè infiammabili. Anche l'anidride carbonica viene pian-piano accantonata a causa delle sue alte pressioni di lavoro: rimane in uso solo sulle navi.

Nel 1912 Linde propone il protossido d'azoto e, poco dopo il 1920, un impianto frigorifero funzionante a etano e propano.

Nascono i freon

La pericolosità dell'utilizzo di tali fluidi spinse, negli anni trenta, la Frigidaire a proporre sul mercato nuovi refrigeranti, che consentissero una maggiore sicurezza d'uso. A loro fu dato il nome commerciale di Freon.
A partire dal 1930 fanno la comparsa sul mercato i primi fluidi clorurati: il Freon 11, il Freon 12 e, via-via negli anni, R22 e R502.

Da questo periodo nel mondo del freddo si è badato all’utilizzo di fluidi stabili chimicamente, con buone proprietà termodinamiche, non tossici e non infiammabili.
Gli elementi chimici che hanno potuto garantire tali requisiti sono il cloro ed il fluoro che sono entrati a far parte in gran quantità nella composizione dei CFC e degli HCFC.

Quando però il problema del buco dell'ozono e dell' effetto serra sono saliti alla ribalta internazionale si è visto che i CFC non potevano più essere accettati, dato che contribuivano notevolmente all’aggravarsi dei due problemi, stante proprio la presenza nella loro composizione del cloro e del fluoro.

Il problema ambientale

È il 1974 quando due scienziati, Rowland e Molina, illustrano la loro teoria secondo la quale il cloro contenuto nei CFC agisce da elemento distruggitore dello strato di ozono atmosferico.
L’assottigliamento di quest’ultimo porta ad una maggiore incidenza dei raggi ultravioletti del sole sulla Terra.
Per tale teoria Rowland e Molina (in foto) vengono insigniti del Premio Nobel per la chimica.

Rowland Molina

L’industria del freddo si è trovata fortemente coinvolta di fronte a queste problematiche, visto che per quarant’anni aveva concentrato i propri sforzi di ricerca in ben altre direzioni e che proprio il cloro costituiva il punto di forza per ottenere determinati requisiti dei fluidi.

Le esigenze ambientali richiedevano l’eliminazione del cloro per evitare di contribuire ulteriormente al danneggiamento dell’ozono, le tecnologie industriali possedute non permettevano di rinunciare tutto ad un tratto ed in maniera così drastica all’utilizzo del cloro per la produzione dei refrigeranti.

L'eliminazione dei CFC

Nel 1984 viene firmata la Convenzione di Vienna e nel 1987 il Protocollo di Montreal, entrato in vigore nel 1989, primo accordo a livello internazionale che stabiliva la progressiva riduzione nel tempo dell’uso dei CFC fino ad una diminuzione del 50% della produzione e dei consumi entro il 1999.

Nel 1990, alla Conferenza di Londra, fu deciso di sospendere la produzione dei CFC entro il 2000.

Nel 1991 la Comunità Economica Europea approva il Regolamento 594/91 in cui si prevede il bando dei CFC entro il 1997.

Nel 1992 si svolge a Copenaghen la Riunione delle Parti aderenti al Protocollo di Montreal.
In virtù degli allarmanti rapporti sullo stato dell’ozono atmosferico si decide di portare un emendamento al Protocollo in cui si anticipa il bando dei CFC al 1 gennaio 1996.
Contemporaneamente si indicano come sostanze lesive dell’ozono anche i refrigeranti HCFC.

Alla fine del 1992 la Comunità Economica Europea approva un nuovo Regolamento (il 3952/92) che fissa il termine per la produzione dei CFC al 31 dicembre 1994.

Nel 1993 il Parlamento Italiano approva la legge n. 549 "Misure per la protezione dell'ozono atmosferico" in cui si ribadisce la data del 31 dicembre 1994 come termine per la messa al bando dei CFC.

L'eliminazione degli HCFC

Nel 1994 viene approvato il regolamento europeo 3093/94 che fissa definitivamente l’arresto della produzione dei CFC al 31 dicembre 1994 e scandisce le varie tappe per la messa al bando degli HCFC.

Nel 1997 il Parlamento Italiano approva la legge n.179 "Modifiche alla legge 28 dicembre 1993, n.549, recante misure a tutela dell'ozono stratosferico", in cui vengono recepite le disposizione del regolamento europeo 3093/94.

Nel 1998, alla Conferenza mondiale di Kyoto, viene deciso di includere anche i refrigeranti HFC tra le sostanze responsabili dell’effetto serra.

Il 5 maggio 2000 viene approvato il nuovo Regolamento CE 2037/00, a parziale modifica del regolamento 3093/94, che disciplina il programma di dismissione d’uso degli HCFC.
Esso, entrato in vigore in data 1 ottobre 2000, viene abrogato dal 1 gennaio 2010, sostituito dal nuovo Regolamento CE 1005/09.

Il 3 ottobre 2001 viene emanato il decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio "Recupero, riciclo, rigenerazione e distribuzione degli halon" in cui si stabilisce la necessità di provvedere urgentemente a disciplinare il recupero e la distruzione dei clorofluorocarburi utilizzati nelle apparecchiature di refrigerazione e condizionamento d'aria.

Controllo dei circuiti frigoriferi con CFC,HCFC, HFC

Per limitare l'impatto dei refrigeranti sull'ambiente l'Unione Europea emana nel 2006 il Regolamento 842 sugli F-gas, in cui impone il controllo periodico degli impianti funzionanti con HFC per limitarne il rischio di fughe.

Analogamente, sempre nel 2006, in Italia esce il DPR 147, che istituisce il libretto d'impianto ed il controllo periodico delle fughe negli impianti a CFC e HCFC.

Nel 2009 l'Unione Europea emana un nuovo Regolamento (il 1005/09) che sancisce la progressiva e definitiva dismissione degli HCFC e che introduce obblighi di controllo periodico delle fughe in tutti gli impianti contenenti almeno 3 kg di carica di CFC e HCFC.

Nel 2012 esce il DPR 43 che rappresenta la norma che recepisce e attua quanto disposto dal Regolamento Europeo 842. Esso introduce anche in Italia l'obbligatorietà della certificazione per i tecnici del freddo (patentino).

Nel 2014 L'Unione Europea promulga la revisione del Regolamento 842 sugli F-gas, decretandone la sua abolizione a partire dal 1 gennaio 2015, sostituito dal Regolamento 517: esso pone ulteriori restrizioni all'uso degli HFC, prevede il divieto d'uso di alcuni F-gas nelle nuove apparecchiature e impone che entro il 2030 il consumo degli HFC debba diminuire del 79% rispetto al 2010.

Nascono i nuovi fluidi: gli HFO

Per ridurre la presenza del cloro nella composizione dei fluidi frigoriferi si è ricorsi alla sua sostituzione con atomi di idrogeno. Per rendere la molecola di refrigerante
 più instabile chimicamente una volta liberato in atmosfera e quindi per ottenere una sua più rapida decomposizione e una minore concentrazione nel tempo (con benefici effetti sull'effetto serra) si è provveduto a creare dei legami chinici più deboli tra gli atomi dei componenti. Questa è la principale novità portata dai refrigeranti HFO.

La fine degi HFC

L'11 marzo 2024 entra in vigore il nuovo Regolamento UE 573 sugli F-Gas, che abroga il precedente Regolamento 517 del 2014. Esso inasprisce le limitazioni sull'uso degli HFC, tanto è vero che prevede che a partire dal 2050 essi non vengano più utilizzati. Stabilisce, inoltre, un cronoprogramma di progressiva eliminazione, fino a tale data, dei refrigeranti con valori elevati di GWP.

Il problema dei refrigeranti infiammabili

L’obiettivo di potenziale di distruzione dell’ozono nullo è stato raggiunto con gli idrofluorocarburi (HFC), in cui il cloro è stato completamente eliminato e sostituito dall’idrogeno.
Ciò comporta, però, il dover affrontare un nuovo problema: se la quantità di idrogeno che compone la sostanza è rilevante il fluido diventa infiammabile.
In effetti alcuni HFC (R32, R143a e R152a) e la maggior pate degli HFO risultano essere infiammabili alle normali condizioni ambiente.

Il limite della chimica

Oramai gli spazi all’interno dei quali ci si può muovere sono ben ristretti: da un lato la necessità di eliminare il cloro dalla composizione dei fluidi frigoriferi per motivi di compatibilità ambientale, dall'altro l’esigenza di evitare sostanze che contengano troppo idrogeno perché risultano infiammabili, da un altro ancora di limitare la presenza di fluoro che è un elemento che conferisce stabilità alla molecola di refrigerante anche quando liberata in atmosfera e quindi contribuisce all’effetto di surriscaldamento della Terra (effetto serra).

Tra i nuovi refrigeranti proposti ci sono miscele di HFC e idrocarburi, che permettono il retrofit degli impianti senza dover sostituire l'olio.
Comunque, anche per gli HFC il destino è segnato, con la loro graduale eliminazione nei prossimi decenni. L'idea è quella di sostituirli con i gas HFO e con miscele di HFO e con il ritorno ad un più massiccio uso dei refrigeranti naturali, specie gli idrocarburi.

In piccoli impianti (frigoriferi domestici, condizionatori residenziali) trovano ormai ampia commercializzazione circuiti frigoriferi caricati con idrocarburi mentre già sono in normale servizio nella refrigerazione commerciale macchine frigorifere ad anidride carbonica e, in campo industriale, ad ammoniaca.

In pratica un ritorno alle origini della tecnica del freddo

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ID pagina: 066 - A151
Data creazione: 10/03/2003
Ultimo aggiornamento: 21/03/2024
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